
Basilica Paleocristiana
Via Madonna del Mare 11 Trieste
Basilica Paleocristiana
La sua scoperta risale alla prima metà dell'800, quando Domenico Rossetti, nel 1825, disegnò i mosaici dell'abside della chiesa che fu riportata alla luce soltanto agli inizi degli anni 60 del secolo scorso. Nel 1963 alcuni operai del Comune di Trieste, durante lo svolgimento di lavori ordinari, rinvennero, alla profondità di due metri dal suolo, un frammento musivo policromatico, con la scritta Bonosus defensor Sanctae Ecclesiae Tergestinae. Sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti, Gallerie ed Antichità di Trieste, iniziarono gli scavi archeologici che riportarono alla luce una Basilica paleocristiana.
La Basilica era situata fuori dalle mura romane e poi medievali della città, nella zona cimiteriale, a monte della strada commerciale che, seguendo la riva del mare, serviva il porto romano e continuava verso la necropoli fra tombe ed edifici funerari. La Basilica probabilmente era nata per ospitare le reliquie di San Giusto, il cui corpo, fu ritrovato sulla riva del mare. Della chiesa non si sono trovate più notizie fino al 1150 quando ricompare con l’intitolazione a Sancta Maria ad Mare. Nel 1655 la chiesa fu completamente distrutta da un violento incendio e furono salvati dalle fiamme solamente alcuni frammenti di un mosaico. Fu ricostruita nel 1658 e in seguito alle riforme ecclesiastiche volute nel 1784 da Giuseppe II, figlio di Maria Teresa d’Austria, la Confraternita venne sciolta e la Chiesa fu ceduta al negoziante Bernardo Curti, che la demolì per far posto a una casa di abitazione.
Gli studiosi hanno individuato due fasi costruttive dell’edificio corrispondenti a due pavimenti gettati a solo 5 centimetri l’uno dall’altro nell’aula dei fedeli e alcuni pezzi sono esposti nell’atrio. La data della prima fase è fissata tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, mentre la seconda tra la fine del V e il VI secolo. La parte più antica apparteneva a una basilica a navata unica lunga 30 metri e larga 11, priva di abside e risalente al V° secolo, la seconda presentava una pianta a croce con l’erezione di due corpi laterali al presbiterio,leggermente sopraelevato, dove sono stati rinvenuti due sarcofagi, interrati e scoperchiati, ed un pozzo per reliquie.
I mosaici più antichi, a tessere grigie e bianche, sono articolati in tre corsie parallele e presentano motivi geometrici, mentre quelli superiori più recenti e policromi, presentano tre corsie parallele, bordate da una treccia a due nastri. La corsia centrale, sebbene sia solo parzialmente conservata, risulta ornata dal tipico motivo ad onda marina. La corsia settentrionale è costituita dall’intreccio, in due file affiancate, di due grandi rombi diametralmente opposti, racchiudenti al centro un ottagono, più spesso contenente un’iscrizione.
Le iscrizioni inserite nel pavimento musivo contengono per la prima volta la nomina alla Sancta Ecclesia Tergestina, nonchè i nomi e la condizione sociale di coloro che hanno sostenuto le spese di costruzione, fornendo un prezioso documento relativo alla ricchezza della Chiesa triestina. Interessanti i nomi dei Defensores ecclesiae funzionari laici a cui era affidata la tutela legale delle chiese di Aquileia e Tergeste in controversie civili e amministrative e tra i vari donatori molti sono i nomi anche di origine greca e orientale, testimonianza dei notevoli rapporti intrattenuti dalla città con quelle regioni.
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